ANTICHI MITI E LEGGENDE METROPOLITANE

LA SINDROME DI LAVANDONIA

Una delle leggende nate come una creepypasta è la sindrome di Lavandonia, una serie di disturbi che avrebbero colpito nel 1996 i bambini giapponesi dai 7 ai 12 anni che avevano giocato, usando gli auricolari, ad un videogioco dei Pokemon della serie Verde e Rossa sulla console Game Boy. la colpa è di una musichetta terrificante, jingle ripetuto, che faceva da sottofondo al livello ambientato nella città di Lavandonia, dove si trovava la torre dei Pokemon, il loro cimitero. Questo jingle, che avrebbe avuto frequenze udibili solo dalle orecchie dei più giovani, si sarebbero uniti anche effetti visivi spaventosi, che avrebbero spinto ben 200 giocatori a suicidarsi. una volta venuti a conoscenza di queste conseguenze, il videogioco venne modificato. Una colossale bufala di cui si continua a parlare in Rete ancora oggi. Sembrano invece autentici gli effetti causati dalla visione del 38° episodio dello stesso cartone animato, Porygon, soldato elettrico, che avrebbe causato attacchi temporanei di convulsioni ed epilessia a centinaia di telespettatori, a causa di una frequenza di 12 Hz dove veniva mostrata un’alternanza di luci rosse e blu. L’effetto è stato definito Pokémon shock.

EL DORADO
L’uomo tutto d’oro.

Intorno al 1540 si diffuse in America la leggenda di un città perduta, El Dorado, nel Nuovo Mondo, dove si narra che l’oro scorresse a fiumi e gli abitanti conoscessero i misteriosi segreti per una lunga vita. Il mito venne alimentato dal fatto che i conquistatori spagnoli tornarono in patria carichi di oro e d’argento, prodotti dalla fusione dei monili depredati alle civiltà precolombiane, soprattutto della zona dell’odierno Perù. Cronisti dell’epoca raccontano di un cerimoniale presso la popolazione Muisca in Colombia: una volta l’anno, il sovrano di Guatavita si faceva cospargere il corpo di polvere d’oro per trasformarsi nel Dorado, l’uomo tutto d’oro, poi si recava insieme alla sua corte su un lago vicino a Santafé de Bogotà e, navigando su una zattera colma di doni preziosi, offriva il suo tesoro agli dèi. Le leggende che circondano questo mito sono cambiate nel tempo, passando dall’essere un uomo ad una città, ad un regno e infine ad un impero, posto aldilà del mondo conosciuto, sovente associato al paradiso terrestre situato agli antipodi. Per secoli, fino ad arrivare ai giorni nostri, gli esploratori hanno inseguito il miraggio di El Dorado, perlustrando lungo il Rio delle Amazzoni, ma non è stato ancora trovato.

COLOBRARO
Andate a quel paese!

La leggenda narra di molteplici episodi, dagli anni ‘40, testimoniati dagli anziani del paese, secondo cui, le peggiori sciagure si sono abbattute su chi aveva avuto l’ardire di pronunciare il nome del piccolo borgo. Colobraro dal latino Colubrarius, luogo di serpenti. Da sempre Colobraro è conosciuto in terre Lucane, semplicemente come “quel paese”, simile a l’innominato manzoniano che incute terrore da lontano. Per scacciare la sfortuna dalle proprie radici, gli abitanti, intelligentemente la festeggiano con spettacoli teatrali strizzando l’occhio alla scaramanzia. L’evento annuale porta il nome di Sogno di una notte… a quel paese. Questo borgo che domina la valle del fiume Sinni, in provincia di Matera, ormai da 6 anni , sta vivendo una nuova vitalità. Ad agosto, tra preghiere che tolgono il malocchio, fattucchiere, masciare, monacchicchi e alberi di noce, ci si ingegna ad avvolgere quell’aura negativa, trasformandola in patrimonio folkloristico da tramandare.

ARCOBALENO D’IRLANDA

La tradizione pagana narra la storia del Leprecauno, il folletto con tradizionale cappello verde, che sarebbe il ciabattino delle fate e il custode del loro immenso tesoro. Si dice che alla comparsa dell’arcobaleno il folletto corra a nascondere l’oro, che viene indicato proprio dalla fine dell’arcobaleno. Un’altra versione della stessa leggenda dice che dove finisce un’arcobaleno ci sia la pentola piena d’oro di uno gnomo, lì a guardia del suo tesoro. Si narra che il contadino Barry che aveva problemi con la sua fattoria un giorno incontrò un folletto che si lamentava di essere troppo vecchio per salire sulla cima del monte dov’era custodita la pentola d’oro. Barry gli offrì il suo aiuto e fu ricompensato dallo gnomo con una parte del tesoro. Il contadino raccontò questa storia al suo vicino che si recò immediatamente sulla montagna per prendere il denaro. Lo gnomo si adirò e fece crollare la fattoria di Barry. Quando per 40 anni non si vede un arcobaleno, la fine del mondo è vicina. Quando nell’arcobaleno prevale il rosso, si prevede un’annata buona per il vino. Se prevale il giallo, l’annata sarà favorevole per il frumento. Se invece prevale il verde, allora sarà propizia per l’olio. In alcune località, se un bambino passa sotto l’arcobaleno, cambierà sesso. Secondo diverse tradizioni, alla fine dell’arcobaleno si trova un tesoro, sotto forma di pentola di monete d’oro o un pezzo d’ambra.

IL BIG FOOT

Il Big foot, conosciuto in italiano come “Piedone”, è una creatura leggendaria della cultura statunitense e canadese, le cui fattezze ricordano un grosso uomo, con sembianze di scimmia, che vive nelle foreste del nord-ovest del continente americano. Questa leggenda vede le sue origini nelle testimonianze di diverse popolazioni indigene, che lo chiamavano Sasquatch e lo descrissero con sembianze umane e i capelli lunghi fino alla vita, persino in grado di vestirsi e di utilizzare utensili. Sebbene in epoca moderna abbia acquisito sembianze sempre più animalesche e mostruose, continuano anche al giorno d’oggi a verificarsi avvistamenti del “gigante buono” ed il 20% della popolazione americana resta convinto della sua esistenza. L’enorme primate rimane protagonista di racconti, libri e film, rimarcando la sua “impronta” sulla cultura americana e globale.

L’ARABA FENICE

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La leggenda della fenice ha radici nella cultura egizia, passando poi per Cina, Persia, India e molte altre civiltà. Filo comune tra tutti i racconti è il simbolo di resilienza, tramite la rinascita della fenice dalle proprie ceneri. Con “post fata resurgo” (dopo la morte ritorno), si indica il rituale di costruirsi un nido a forma di uovo utilizzando legno di quercia, piante balsamiche, resine odorose e cannella all’interno del quale, ogni 500 anni, si fa prendere fuoco per poi rinascere da un uovo generatosi dalle sue stesse ceneri. L’uccello dal piumaggio con colori sgargianti è stato sempre visto come un simbolo di buon auspicio e prosperità, gli antichi egizi lo associavano ad esempio all’arrivo del primo airone sul salice sacro di Eliopoli. Animale a noi vicino che risponde alla descrizione della fenice sotto molti aspetti è invece il fenicottero! Nato infatti color cenere sviluppa poi il classico piumaggio rosa, oltre ad essere tra gli uccelli più longevi al mondo, potendo superare gli 80 anni di vita.

BLOODY MARY

Abbiamo tutti sentito parlare almeno una volta della leggenda di Bloody mary: lo spirito che, attraverso il semplice rituale da praticare allo specchio, può apparire per darti una premonizione sul futuro o, a seconda della leggenda, a tormentarti fino alla morte. Tra i vari racconti riguardanti la nascita della leggenda, la più gettonata sembra essere quella di una giovane ragazza che, negli Stati Uniti di inizio ‘700, morì all’età di 16 anni per difterite. La nostra cara Mary fu poi seppellita sotto le lacrime della madre, che non volendo cedere all’idea della perdita della figlia, le legò il polso ad una campanella posta a fianco della lapide. Sfinita e convinta dal marito ad abbandonare il cimitero, si rassegnarono all’ormai sicura morte della figlia. La mattina successiva, tuttavia, raggiunta la tomba della figlia, trovarono la campanella sradicata e si attivarono subito per riesumare la bara, ma all’apertura trovarono uno spettacolo raccapricciante: Mary era morta e il vestito, la sua faccia e l’intero corpo erano coperti di sangue. Ma ciò che li sconvolse di più fu vedere le sue mani consunte e con le dita prive di unghie, conficcate nel coperchio della bara. La ragazza si era risvegliata e dopo una lunga e straziante agonia nel corso della quale aveva disperatamente tentato di uscire dalla bara, era morta. Il giorno dopo, nel bagno accanto alla stanza di Mary fu ritrovato lo specchio rotto e il cadavere del padre a terra, morto per arresto cardiaco. Il viso stravolto come se avesse visto la morte in faccia. Naturalmente esistono diverse varianti e corrispettivi della nostra Bloody Mary al mondo. E di questo e altro vi racconteremo nella nostra video-leggenda. Il rituale originale dovrebbe richiamare Mary nel momento in cui una giovane ragazza, salendo di spalle una rampa di scale, chiama ripetutamente il nome “Bloody Mary” o “Hell Mary”, guardandosi ad uno specchio con una luce soffusa. In questo momento, si dice che lo spirito dovrebbe apparire dando dei presagi di un futuro prossimo; se dovesse invece presentarsi insanguinata o sotto forma del tristo mietitore, indica che la morte giungerà per la giovane ragazza prima che possa sposarsi. Al giorno d’oggi il rito ha invece preso una piega più moderna e festaiola, dove un gruppo di ragazzi riuniti davanti ad uno specchio, chiamando ripetutamente la Bloody Mary illuminati solamente da una candela, potrebbero incappare in fenomeni paranormali come l’apparizione di spiriti, rumori inspiegabili o allucinazioni. La spiegazione scientifica l’ha trovata uno psicologo torinese, il quale racconta che guardarsi allo specchio per un lungo periodo con una luce soffusa può provocare fenomeni dissociativi, portando a non riuscire a riconoscersi o a vedere il proprio volto cambiare, arrivando a confondersi con l’ambiente circostante e, in alcuni casi, a vedere i propri lineamenti come spettrali e spaventosi.

CHUPACABRA

Il chupacabra, dallo spagnolo “succhia capra” è una creatura appartenente al folklore del Centro America, descritta come un animale dalle braccia e gambe esili, spuntoni su testa e dorso, privo di naso e orecchie e che si nutre di sangue e organi di bestiame. La prima apparizione risale al 1995 in Porto Rico, seguita poi da altri avvistamenti in Messico e in Texas. Gli unici avvistamenti all’esterno del continente americano sono avvenuti in Ucraina, dove però è stato possibile trovare una base scientifica all’origine dell’animale: pare infatti che si possa trattare di canidi infestati da una varietà di scabbia, privi di pelo e ridotti ad attaccare il bestiame in quanto incapaci di procacciare. La spiegazione non ha tuttavia convinto i molti, che continuano a credere alla versione più mostruosa della leggenda, tant’è che la software house Capcom ha messo una taglia da 50 mila sterline a chiunque sia in grado di portare prove inoppugnabili che dimostrassero l’esistenza del chupacabra o di altre creature mostruose e rare al contatto con l’uomo.

LA DAMA BIANCA

La dama bianca è un tipo di spirito presente in diverse culture. Appartiene prevalentemente al folclore germanico ed italiiano, è caratterizzata da sembianze femminili e da abiti di colore bianco; è stata descritta anche come senza occhi né bocca, con braccia e piedi nascosti e avvolta da una pallida luminosità che lascia tracce scure al passaggio. La prima testimonianza dell’uso del termine “dama bianca”, per spiriti di questo tipo, risale al XV secolo. Si tratta dello spirito di una donna morta per eventi tragici o dolorosi e la sua apparizione sarebbe tradizionalmente presagio di eventi nefasti, tipicamente la morte di un nobile. Secondo alcuni racconti, le dame bianche si aggirerebbero portando candele accese da cui lascerebbero cadere gocce di cera sulla criniera dei cavalli, per poi intrecciarla e pettinarla. Secondo altri, laverebbero la propria biancheria in luoghi appartati, chiedendo ai passanti di aiutarle e rompendo loro le braccia se non soddisfatte. Avrebbero per altri un portamento estremamente dignitoso e verecondo, non parlando se non in rare occasioni. Le descrizioni sono tante e disparate, arrivando persino ad associare la dama bianca e l’autostoppista fantasma, altra leggenda analoga. Questa figura riporta inoltre il maggior numero di apparizioni, rimanendo legata a svariate leggende locali riguardo a fantasmi, castelli e piccoli borghi italiani.

LE SIRENE

Quando parliamo delle Sirene, è bene specificare dove e quando ci troviamo, in quanto la leggenda prende ramificazioni completamente diverse. Le prime sirene di cui abbiamo sentito parlare a scuola, sono probabilmente quelle che ha dovuto affrontare Ulisse nell’Odissea: si trattava di donne-uccello estremamente attraenti e dalla voce soave che, al passaggio di marinai, li attiravano a loro con canti e con le promesse di realizzare i loro sogni più profondi, per poi ucciderli brutalmente. Ulisse riuscì a salvarsi facendosi legare all’albero maestro, mentre al suo equipaggio fece tappare le orecchie con la cera, così facendo egli fu l’unico uomo in grado di ascoltare il canto ammaliante delle sirene ed uscirne vivo. Il fallimento da parte delle creature nell’uccisione della ciurma le mandò su tutte le furie, portandole ad uccidersi gettandosi dalla scogliera. Forse da questo triste finale, forse da storie e culture diverse, siamo giunti in epoca moderna a vedere le Sirene come delle figure per metà donna con un’elegante coda di pesce, descrizione che troviamo in tutti i racconti e nella cinematografia moderna. Nonostante ora siano viste come delle figure benevole, non dobbiamo dimenticare l’origine comune che avevano in ogni cultura: sembra infatti, tra le varie teorie, che la parola “Sirena” derivi da “seira”, che in greco significa corda. Le sirene sono le tentatrici per eccellenza, che lavorano sui desideri più profondi delle loro vittime per incatenarli alle loro parole ed ucciderli.

L’UOMO NERO

Dell’Uomo Nero si conoscono diverse varianti nel panorama mondiale. L’Uomo Nero o Babau, ad esempio in America Latina trova il suo corrispettivo ne El Coco, in Spagna è conosciuto come Hombre del Saco, e così questa lista potrebbe proseguire per molte altre nazioni. Le prime mamme a raccontare dell’Uomo Nero, per impedire ai propri figli di aggirarsi per casa nella notte, furono le madri americane. Da qui in poi ha preso il largo. Per quanto riguarda la descrizione fisica l’Uomo Nero è assai sfuggente. La maggior parte delle volte è semplicemente nero o tale perché avvolto in un mantello di questo colore. Appare per lo più privo di gambe con il corpo che sfuma verso il basso terminando a punta. Alcune versioni ancora lo ritraggono come un crudele assassino, mentre altre come un rapitore di bambini che cattura e infila in un sacco di juta per portarli nel suo regno dove saranno prigionieri e torturati. In ogni caso una creatura spaventosa e terrificante, anche perché si presenta come una sorta di fantasma in grado di nascondersi ovunque. Ma, come dicevamo, i suoi luoghi preferiti restano gli spazi bui: si cela dunque negli armadi e sotto il letto. Unica difesa la luce. In Italia, l’Uomo Nero, che rapisce i bambini disubbidienti e capricciosi, è rappresentato come un fantasma di colore nero, senza gambe e, dalla vita in giù, sfuma vagamente in una punta. In America, il Boogeyman deve il suo nome alla parola inglese “Bogman”, ossia gli uomini banditi dalle loro comunità che si sono rifugiati nelle torbiere. In Portogallo e in America latina, El Coco è sempre raffigurato come uno spirito dalle sembianze umane, con l’unica differenza che possiede una testa di zucca.

BIG BABOL

Negli anni 80 e parte dei 90 le Big Babol erano diventate un vezzo ubiquitario e i genitori restii ad aggiungere un capitolo di spesa per i vizi dei figli, e pronti a considerare il costante ruminare e scoppiare in viso bolle rosa, hanno inventato un mezzo paradossale. Per togliere, o rallentare questo vizio inventarono all’unisono la presenza di grasso di topo, e in alcuni casi di grasso di balena nei leggendari cubetti rosa.

SEME IN PANCIA

Quella secondo cui mangiare semi, in particolare per i più piccini quelli d’uva o d’anguria, possa far crescere piante nel corpo non è altro che una vera leggenda. Si pensa sia successo a Ron Svede, un professore del Massachusetts, nel cui polmone i medici hanno trovato un pisello germogliato. Il seme sembrava a tutti gli effetti una pianta già nata, ma racchiusa in uno stato embrionale in condizioni di dormienza. Qualsiasi pianta per germogliare ha bisogno di luce e iniziare la fotosintesi!! questa storia è del tutto infondata. Questa leggenda che accompagna, in numerose varianti, l’infanzia di ogni bambino, è dettata dalla pura crudeltà del genitore a farti impensierire per anni.

IL DOLCE IN.. FONDO

Crediamo che l’espressione latina dulcis in fundo voglia dire che il dolce arrivi alla fine di un pasto e in senso più generale che la parte migliore di qualcosa arrivi dopo il resto. In realtà questa espressione è in pseudolatino e, tradotta alla lettera, vorrebbe dire Una soave persona nella tenuta agricola (il fundus). Molto meno poetico. C’è invece un’espressione latina che significa esattamente l’opposto, In cauda venenum, ovvero in coda (alla fine) c’è la parte peggiore, cioè il veleno: è linguisticamente corretta. Anche se meno rassicurante.